La Corte di Cassazione sul diritto dei privati di installare telecamere verso l’esterno

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Con la sentenza n. 2057/2019 la Corte di Cassazione ha affrontato il caso di due proprietari di immobile, condannati per violenza privata, per avere installato “sul muro perimetrale delle rispettive abitazioni telecamere a snodo telecomandabile per ripresa visiva e sonora, orientate su zone e aree aperte al pubblico transito, costringendo gli abitanti della zona , e in particolare le costituite parti civili, a tollerare di essere costantemente osservati e controllati nell’espletamento delle loro attività lavorative e nei loro movimenti; controlli che venivano poi puntualmente riferiti e utilizzati strumentalmente per rimarcare la commissione di presunti illeciti che sarebbero stati perseguiti mediante esposti e denunce effettivamente poi inoltrati alle competenti autorità di P.S.”

La Corte Suprema, accoglie il ricorso dei soccombenti e oltre a disconoscere il reato di violenza privata, afferma: ” in materia di riprese tramite strumenti di videosorveglianza, il sistema positivo prevede che chiunque installi un sistema di videosorveglianza deve provvedere a segnalarne la presenza, facendo in modo che qualunque soggetto si avvicini all’area interessata dalle riprese sia avvisato della presenza di telecamere già prima di entrare nel loro raggio di azione. La segnalazione deve essere effettuata tramite appositi cartelli, collocati a ridosso dell’area interessata, ed in modo tale che risultino chiaramente visibili. ( “Codice in Materia dei Dati Personali”). Precauzioni e avvertimenti che risultano rispettati nel caso di specie, secondo quanto emerge dalla ricostruzione dei giudici di merito.”

E più avanti, ribadisce: “una recente pronuncia della Corte Eu (C. Giust. UE causa C-212/13 dell’11.12.2014.) ha precisato che, pur non considerandosi la videosorveglianza che si estende allo spazio pubblico, quella cioè installata dal privato e diretta al di fuori della sua sfera privata, un’attività esclusivamente personale o domestica, tuttavia, ciò, che in astratto è illegittimo, può essere considerato lecito se, secondo il giudice nazionale, nel caso concreto, vi sia un legittimo interesse del responsabile del trattamento alla protezione dei propri beni come la salute, la vita propria o della sua famiglia, la proprietà privata. In tali casi, il trattamento di dati personali può essere effettuato senza il consenso dell’interessato, se ciò è strettamente necessario alla realizzazione dell’interesse del responsabile del trattamento. La Corte ha precisato che, ricorrendo tali condizioni, è sufficiente la informazione alle persone della presenza del predetto sistema. Alla luce di quanto emerge dalla ricostruzione fattuale consegnata dalla sentenza impugnata , non può ragionevolmente escludersi che il sistema di videoripresa attuato dagli imputati fosse finalizzato proprio alla protezione degli indicati beni primari della sicurezza, della vita e della proprietà privata, essendo stata, peraltro, rispettata la prescrizione della preventiva informativa al pubblico.

 

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